RBL Berlin x Winterfestival al Holzmarkt25
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In occasione del primo appuntamento con AUTORI-tratti, la nuova rubrica dedicata ad approfondire la conoscenza di alcuni dei conduttori degli show di RBL, vogliamo condividere con voi la nostra chiacchierata con un host storico e indiscusso: Edoardo Fassio “Catfish”.
Sono felicemente in pensione. La mia precedente attività lavorativa era in ambito ferroviario. Ho anche venduto treni merci, nell’ultimo periodo seguivo la manutenzione dell’infrastruttura.
Ho saputo di RBL praticamente da subito, conoscevo Renato Striglia, con cui ho condiviso praticamente tutti i percorsi radiofonici. Quando Radio Flash ha cessato le programmazioni ero alla ricerca di una nuova casa per Catfish Blues, e Banda Larga è stata una scelta naturale.
Catfish, il pesce gatto, fa parte della classica alimentazione degli abitanti del bacino del Mississippi, e per estensione del “popolo del blues”. Come altri animali vagamente antropomorfi appartiene alla tradizione del blues e ricorre spesso nelle canzoni del genere.
Ho pubblicato tre saggi legati al tema, e poi un quarto libro di narrativa, un romanzo classificabile come “soul fiction”. Sono apparso a mia volta, come personaggio, nei libri di Massimo Carlotto, con cui collaboro per le scelte musicali. La scrittura, e naturalmente lo studio che richiede la realizzazione di libri e articoli, mi hanno aiutato ad approfondire, ma è stata la radio a portarmi alla pagina, non viceversa. Sono entrambe essenziali nella mia vita, ma la radio, anche dopo tanti anni, è sempre la sfida più difficile.
Sono cresciuto ascoltando il rock angloamericano che doveva quasi tutto al blues, che mi ha portato alla ricerca delle fonti, principalmente nella musica dell’America nera. Decisi di mettermi in gioco all’inizio degli anni 1980, quando film come The Blues Brothers (John Landis, 1980) e musicisti blues affermarono che il genere poteva tornare e conquistare il pubblico, anche quello mainstream. Gli esordi, a Radio Torino Popolare, erano più improntati all’entusiasmo che alla professionalità. Col tempo, ho imparato l’arte del “less is more”. Ho iniziato a valorizzare il mio personaggio: volevo far capire a chi ascoltava che non trasmettevo blues in generale, ma “il blues di Catfish, il vostro blue-jay preferito”. “Blue jay” è letteralmente la ghiandaia, un’altra bestiola che ogni tanto si incontra nella musica popolare afroamericana. Ma nel mio caso è il dee-jay che trasmette blues alla radio. I miei colleghi negli Stati Uniti mi hanno chiesto il permesso di usare il termine anche loro!
La possibilità di collaborare a un’esperienza nuova, e non soltanto in senso tecnico – finora ero legato soprattutto alle emissioni radio in FM. È stato una bella scommessa integrarsi, con un team di gente giovane e giovanissima. La soddisfazione di riconoscere di far parte dello stesso mondo e poter lavorare tranquillamente insieme, senza alcun imbarazzo, nonostante la differenza di età. Ho avuto la fortuna di passare blues in diretta dalla storica sede della Rai di via Verdi, o dagli studi di WROX a Clarksdale, nel cuore del Delta, dove dal 1947 c’era Early Wright, il primo disc jockey nero del Profondo (e segregato) Sud. Ora trasmetto da una camera con vista sul Po, con il pubblico che ascolta in diretta e si avvicina alla tua postazione per farti domande e dimostrarti stima, curiosità e interesse.
Quando riesco ascolto Easy Living con Roberto Lupano, Superfly con DJ Charlie, White Rabbit con Albafairy, e Long Train Running di Paolo Franciscone e Dario Lombardo, ma ritrovo contiguità musicali e culturali con buona parte dei programmi.
Ecco la versione che amo di più di un classico che ne conta a decine, tutte notevoli: Catfish Blues di John Littlejohn. Chicago, 1968.
Progetto curato da Valeria Alimandi
Grafica di Chiara Manchovas